Una storia valdese

Il regista Salvo Cuccia racconta all’Agenzia NEV come è nato il documentario che dalla fine di Ottobre 2022 sarà visibile sulla piattaforma screaming Netflix. Si parla di miniere e mafia, di Scorsese e De Seta, di Tullio Vinay e Leonardo Ricci. A partire dallo sguardo del fotografo Gustavo Alabiso che, dopo molti anni, decide di rintracciare i compagni di scuola del “Monte degli Ulivi”

Roma (Elena Ribet, NEV, Notizie Evangeliche), 21 marzo 2022 – “Una storia valdese” di Salvo Cuccia sarà disponibile su Netflix a partire dalla fine di ottobre, per 5 anni, in 18 lingue. Con i suoi 221 milioni di abbonati, Netflix è la maggiore piattaforma streaming mondiale. Il documentario di Cuccia racconta in chiave “glocal” la storia di Gustavo Alàbiso, un fotografo che vive a Karlsruhe, in Germania, il quale decide di rintracciare i compagni di scuola del Monte degli Ulivi. È sul Monte degli Ulivi che, negli anni ’60, Tullio Vinay (pastore valdese, teologo e senatore della Repubblica) fonda il Servizio cristiano di Riesi, chiedendo a Leonardo Ricci di occuparsi del progetto architettonico. Siamo nell’entroterra siciliano, in provincia di Caltanissetta. Per contrastare mafia, povertà e analfabetismo servono scuole, sanità, economia, internazionalità. Nascono la scuola professionale per la lavorazione dell’acciaio e una cooperativa di ricamo. Nasce l’asilo e la scuola frequentata da Gustavo Alabiso.

Il documentario è un viaggio fra passato e presente, dove si intrecciano immagini e racconti a partire proprio da Riesi. Il progetto vede anche la collaborazione della Fondazione centro culturale valdese e del pastore metodista Peter Ciaccio, quale consulente storico-teologico. Abbiamo chiesto al regista Salvo Cuccia di raccontarci il suo lavoro.

“Una storia valdese” arriva su Netflix. È un bel traguardo.

Sono molto felice di questo risultato. Presenteremo il documentario in anteprima il prossimo 24 marzo al cinema Rouge et Noir di Palermo, città dove c’è, fra l’altro, la sede della produzione, il Centro regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione (CRICD).

Come è nata questa idea?

Questa storia è nata con Gustavo Alàbiso. Dal progetto di fotografare i suoi ex compagni è nato il libro “Immagina Riesi”, poi questo film, che ricostruisce il viaggio di Gustavo tra Riesi, in Sicilia, Genova, Torre Pellice e Prali in Piemonte, fino in Belgio.

Il documentario mette in relazione l’opera valdese e Riesi, a partire dal periodo storico del lavoro nelle miniere (quelle di Trabia Tallarita raccontate da Vittorio De Seta in “Surfarara” del 1955). Poi, la mafia, l’emigrazione e gli sguardi dei bambini che diventano adulti. Partenze e ritorni. Cosa ci può dire di più?

Avevo già lavorato su questo tipo di ricognizione, su Vittorio De Seta appunto, con “Détour De Seta”, progetto che piacque a Martin Scorsese ed ebbe larga diffusione. Le miniere descritte da De Seta negli anni ’50 si legano alla storia. Non solo alla storia del Servizio cristiano, ma anche al “contesto”, come direbbe Leonardo Sciascia. Parliamo di mafia, di emigrazione, di lavoro. A partire da un luogo della profonda provincia siciliana del Sud, arriviamo oltre lo Stretto, e oltre frontiera, seguendo altre scelte di vita e di prospettive. Da questo punto di vista, possiamo dire che “parliamo glocal”.

Nel trailer qui sopra si possono già apprezzare le sovrapposizioni di immagini, epoche e narrazioni, in un’atmosfera che mette in relazione lo spazio, il tempo, le persone. Come avete fatto?

Abbiamo lavorato su più livelli narrativi. Ad esempio, il direttore del Servizio cristiano Gianluca Fiusco ci ha messo a disposizione due rulli di pellicole degli anni ’60, dove abbiamo trovato immagini in Video8 sia della costruzione della scuola, sia filmati della Riesi di quegli anni. Le riprese erano state fatte da uno svizzero valdese, Pierre Vollichard, che all’epoca si trovava in Sicilia.

Si tratta di materiali straordinari, bellissimi, che ci hanno consentito di ricostruire un pezzo della storia. Ci sono anche filmati in cui appaiono alcuni di quei bambini, oggi uomini, ex compagni di scuola di Gustavo, le cui storie da piccoli si intrecciano alla storia generale del grande intellettuale e pastore Tullio Vinay.

Ci racconta degli ulivi?

Il progetto concepito per il Servizio cristiano dall’architetto Ricci (che fra l’altro era il nonno di Elena Sofia Ricci) è avveniristico. Non tagliano nemmeno un ulivo, ma costruiscono intorno agli alberi. Lasciano intatto il territorio. Questo era il pensiero moderno e lungimirante di Vinay e Ricci. Inoltre, mi ha stupito il fatto che una struttura del genere, nel cuore della Sicilia, dove mancava l’acqua tutti i giorni anche in paese, potesse invece esserci sempre l’acqua. Erano organizzatissimi.

Poi, c’è il tema dei valdesi come testimoni di impegno civile, dalla loro posizione di minoranza religiosa e culturale.

I genitori di Gustavo erano collaboratori di Vinay. Nel documentario emerge anche questo. Il legame profondo fra apertura sulla storia e dinamica personale. Da piccolo, Gustavo pensava che quel mondo fosse l’unico mondo. Da grande, invece, scopre che i valdesi sono una minoranza. E questo confronto è uno dei temi portanti del documentario.

UNA STORIA VALDESE. Un documentario di Salvo Cuccia (75’, 2020)

Le gallerie fotografiche sono una riassunto visivo dei viaggi di Salvo Cuccia con la sua troupe, per la realizzazione del documentario e alcune immagini durante la realizzazione del libro.